Sentenze

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Penale - sostanze stupefacenti - ordinanza del 01/02/2022 GIP dott Pecorella - Trib. Bologna

Anche la detenzione di 175,3 grammi di cannabis (1006 dms) confezionati in 12 involucri, di altre sostanze eterogenee e due bilancine di precisione può configurare una ipotesi di lieve entità. Riqualificazione del fatto in udienza preliminare e ammissione alla messa alla prova.

22 giugno 2022

Si segnala la pronuncia in allegato, il cui rilievo risiede non tanto nella circostanza che l’imputato sia stato ammesso al rito alternativo della sospensione del processo penale con messa alla prova, a fronte della contestazione della c.d. ipotesi lieve del delitto di “Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope” (art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/90), bensì nella qualificazione del fatto storico all’interno di quest’ultima fattispecie in luogo di quella più grave (Art. 73, comma 1, D.P.R. n. 309/90).

 1. Le due ipotesi di reato di riferimento.

In tema di “Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope”, l’art. 73, comma 1, D.P.R. n. 309/90 (Testo Unico Stupefacenti) dispone che «Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall'articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000».

Il comma 5 della medesima norma, dedicato all’uso personale o al c.d. piccolo spaccio, prevede l’ipotesi di lieve entità e dispone: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329».

 2. L’importanza dell’inquadramento giuridico.

Com’è agevole notare, l’inquadramento del singolo fatto all’interno dell’una o dell’altra norma ha importanza cruciale, posta la notevole differenza di trattamento sanzionatorio applicabile alla condotta dell’imputato, posto che, nel primo caso, si oscilla da sei a venti anni di reclusione e da 26.000 a 260.000 Euro di multa, mentre nel secondo caso le pene consistono nella reclusione da sei mesi a quattro anni nonché della multa da 1.032 a 10.329 Euro.

La disciplina dei fatti di lieve entità riguardanti sostanze stupefacenti di cui all’art. 73 comma 5 del DPR 309/1990 ha subito numerose modifiche. Originariamente essa rappresentava una mera circostanza attenuante speciale, idonea a comportare una riduzione delle pene previste al primo comma per il reato base.

Successivamente, con il decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito nella legge 21 febbraio 2014, n.10, e, da ultimo, dal D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni in L. 16 maggio 2014 n. 79, la norma di cui all’art. 73 comma 5 non costituisce più, attualmente, una circostanza attenuante, bensì una ipotesi autonoma di reato avente un trattamento sanzionatorio più mite, senza che assuma rilievo che la condotta riguardi droghe c.d. leggere o pesanti.

La novella, come noto, ha determinato un trattamento sanzionatorio più favorevole per i soggetti condannati per tale nuovo reato autonomo, determinando inoltre la riduzione del termine di prescrizione. 

 3. Quando si verifica una ipotesi di lieve entità.

Si pone il problema di individuare quando il fatto possa dirsi di lieve entità, e rientrare nell’archetipo del comma quinto dell’art. 73, in luogo di quello di cui al comma primo.

L’evoluzione normativa ha, infatti, creato talune ambiguità sull’individuazione dei presupposti di applicazione del comma 5 in luogo del primo comma, demandando al giudice la valutazione dei singoli casi concreti, il quale deve procedere ad un esame globale dei mezzi, delle modalità, delle circostanze dell’azione e della tipologia della sostanza.

Ai fini della configurazione del fatto di “lieve entità” e quindi dell’applicabilità al caso concreto della norma di cui all’art. 73 quinto comma, D.P.R. 309/90, gli elementi indicati dalla disposizione devono essere valutati nel concreto dal Giudice. Sulle modalità di tale valutazione è possibile riscontrare una evoluzione dell’orientamento giurisprudenziale.

In particolare, mentre in un primo momento (cfr. Cass., Sez. VI, 12 aprile 1995, n. 803) si è ritenuto che i parametri dovessero costituire oggetto di una valutazione globale, secondo un principio di globalità, in epoca successiva è stato accolto il principio cardine della “valutazione congiunta” di tali parametri normativi (cfr. Cass. Pen, Sez. VI, 5 marzo 2013, Gallo) e della rilevanza ostativa anche di un solo di essi quando risulti “esorbitante” e cioè dimostrativo della “non lievità” del fatto (cfr. Cass. Pen, Sez. VI, 17 febbraio 2013, Serafino). La valutazione congiunta, infatti, consente di apprezzare, in modo equilibrato, il fatto in tutte le sue componenti, senza, peraltro, trascurare le connotazioni particolari che assumono, nel concreto, i singoli parametri di riferimento (Cfr. RUTIGLIANO, Stupefacenti: il reato di lieve entità ex art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990, in Diritto.it, 23 maggio 2019).

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 40/2019, ha stabilito che il fatto è di lieve entità nelle ipotesi in cui la condotta tenuta dall’agente sia caratterizzata da una “minima offensività”, deducibile sia dagli elementi attinenti alla condotta che da quelli relativi all’oggetto materiale del reato. La sussistenza di questi ultimi deve essere svolta avendosi riguardo a tutti i parametri richiamati dalla norma di cui all’art. 73, quinto comma, D.P.R. 309/90, ovverosia ai mezzi, alla modalità o alle circostanze dell’azione ovvero alla qualità e quantità delle sostanze.

Tali statuizioni devono essere poste in collegamento con gli approdi sopra citati cui è giunto il Supremo Consesso, per cui la configurabilità dell’ipotesi lieve non possa essere esclusa sulla base di singoli parametri, quali la diversa tipologia delle sostanze cedute o lo svolgimento non occasionale dell’attività di spaccio, (cfr. ex plurimis: Cass. Pen., SS.UU 27/09/2018, n. 51063; Cass. pen., III, 08/03/2018, n. 31378).

Anche sull’aspetto del rilievo da attribuire alla diversità di sostanze era rinvenibile, in passato, un contrasto giurisprudenziale.

Un primo orientamento era volto a ritenere che nel caso di detenzione di sostanze di differente tipologia, il fatto non potrebbe essere considerato comunque di lieve entità, anche a prescindere dal dato quantitativo, trattandosi di condotta indicativa della capacità dell'agente di procurarsi sostanze tra loro eterogenee e, per ciò stesso, di rifornire assuntori di stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno non tenue al bene della salute pubblica tutelato dal sistema di incriminazioni previsto dall'articolo 73 del Testo Unico stupefacenti (cfr. in tal senso : Cass. Pen., IV, 15/12/2016 n. 6624; Cass. pen. III, 09/10/2014 n. 4767; Cass. Pen., IV, 29/9/2005 n. 38879).

Uno opposto, invece, si poneva nel senso che la diversa tipologia di sostanze detenute o cedute non sarebbe un dato necessariamente ostativo alla configurabilità della fattispecie di lieve entità, qualora le peculiarità del caso concreto risultino indicative di una complessiva minore portata dell'attività svolta, essendo l'elemento della diversità tipologica idoneo ad escludere l'ipotesi del fatto lieve soltanto qualora sia dimostrativo di una significativa potenzialità offensiva. Sono espressione di tale indirizzo, tra le altre: Cass. Pen., VI, 12/12/2017 n. 8243; Cass. Pen., VI, 19/12/2017 n. 1428 Cass. Pen., VI, 19/09/2017 n. 46495; Cass. Pen., VI, 13/07/2017 n. 49153; Cass. Pen., IV, 04/04/2017 n. 22655; Cass. Pen., IV, 04/04/2017 n. 22654).

Tale contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno chiarito esplicitamente che «la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sè ostativa alla configurabilità del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, in quanto è necessario procedere ad una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla suddetta disposizione al fine di determinare la lieve entità del fatto» (cfr. Cass. pen. SS.UU. 9/11/2018 n. 51063).

 4. Il rilievo della pronuncia in allegato.

Nonostante le conclusioni suesposte cui è giunta l’attività interpretativa sull’argomento, la giurisprudenza pare tuttora restia ad ammettere la sussistenza di una ipotesi di lieve entità, a fronte di quantitativi di stupefacente ritenuti non modesti, o nel caso di dosi ricavabili ritenute eccedenti il fabbisogno personale.

Sul punto, una recente pronuncia ha chiaramente evidenziato che «nella valutazione del dato quantitativo non risulta affatto essere stata pretermessa la condizione di assuntore personale rivestita dal ricorrente, ma è stato posto l'accento sul fatto che l'entità delle sostanze stupefacenti rinvenute in suo possesso, in relazione al dato ponderale e al numero di dosi ricavabili da ciascuna di esse (245 per la cocaina e 19 per l'hashish), fosse ampiamente superiore al suo fabbisogno personale e comunque con esso non compatibile» (cfr. Cass. pen., III, 9/04/2021, n. 13272). 

Nello stesso senso, si è ritenuto che «non può considerarsi “lieve” la detenzione di sostanza stupefacente in quantità superiore ad una soglia ragionevole (“centinaia di dosi”), nonostante non si evidenzino particolari mezzi e modalità dell’azione». (Cass. pen. sez. feriale, 26/08/2015, n. 5666).

Parimenti, sembra ancora discutibile che 326 dosi possano o meno considerarsi “piccolo spaccio” e rientrare nel paradigma dell’ipotesi lieve. Sotto questo aspetto, invero, pur ritenendosi che la qualificazione del fatto ai sensi del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, non possa essere desunta sulla base del solo parametro quantitativo, posto che, per l’accertamento della lieve entità, si deve far riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici che la norma richiama, si è stabilito che «l'ipotesi di cosiddetto piccolo spaccio si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore - tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente - a dosi conteggiate a "decine"» (cfr. Cass. pen., 3/05/2021, n. 16688).

All’interno di questo quadro normativo ed interpretativo si colloca la pronuncia in allegato, che si colloca in linea di continuità con l’orientamento giurisprudenziale per cui la diversa tipologia di sostanze detenute o cedute non sarebbe un dato necessariamente ostativo alla configurabilità della fattispecie di lieve entità. Sotto il profilo del dato quantitativo, inoltre – precisando  che nel caso di specie erano rinvenute presso il domicilio dell’indagato anche due bilancine di precisione - il Giudice dell’Udienza Preliminare ha ritenuto congruo «qualificare il delitto ai sensi dell’art. 73 comma 5 comprensivo di tutte le sostanze» a fronte di una contestazione di illecita detenzione di «complessivamente grammi 175,3 circa di sostanza stupefacente del tipo cannabis, suddivisa in 12 involucri, dai quale erano ricavabili complessivamente 1006 dms, nonché 0,38 grammi di LSD dal quale erano ricavabili 23 dms e 1,75 grammi di psilocina dal quale erano ricavabili 0,03 dms; sostanza stupefacente che per quantità, per modalità di presentazione, per il confezionamento frazionato nonché per le modalità di detenzione appare distinata ad un uso non esclusivamente personale»

Per tale ragione, l’imputato è stato ammesso al rito speciale della sospensione del processo penale con messa alla prova dell’imputato.

Avv. Gino Moroni