Sentenze

Sentenze

Sentenza n. 32/2021 pubbl. il 26/01/2021 del Tribunale di Tempio Pausania del Giud. Daniela Schintu

Azione di rivendicazione di terreni da parte di terzi e successivo accertamento dell'usucapione e della garanzia per evizione ex art 1480 c.c.. Accoglimento delle domande proposte dallo studio legale Minoccari e Casale.

02 febbraio 2021

Il caso: una società compra un terreno sull'isola della Maddalena da un privato. Dopo circa un anno dall'acquisto altri soggetti rivendicano la proprietà di quel terreno oggetto di compravendita, sostenendo che detto terreno fosse il loro. Conseguentemente inizia una causa promossa da coloro che rivendicavano la proprietà del terreno, contro la società, la quale, a sua volta, chiamava in causa il suo venditore, chiedendo in primis l’accertamento dell’usucapione del terreno da parte del venditore e comunque di essere garantita dall'evizione chiedendo la risoluzione del contratto con restituzione di quanto pagato per l'acquisto. Il giudice ha riconosciuto il diritto dei rivendicanti e dichiara risolto il contratto di compravendita condannando il venditore alla restituzione di quanto pagato per il terreno alla società e condannando il venditore al rimborso delle spese legali di tutte le parti in causa.
Piccola osservazione: la causa è iniziata nel 2007 ed è arrivata a sentenza solo nel 2021. Credo che non ci siano commenti sufficienti per giustificare quattordici anni di processo.  
Sotto il profilo giuridico invece la causa è interessante per quanto riguarda l'aspetto civilistico della azione di rivendicazione, della subordinata domanda di usucapione proposta dal venditore e dalla società, e dalla successiva richiesta di risoluzione del contratto di compravendita, visto che la rivendica non aveva ad oggetto tutti i terreni oggetto di vendita ma solo una parte, anche se detta parte era certamente l'80% dell'intero compendio compravenduto.
Infatti, secondo un ragionamento logico condivisibile, il Giudice dapprima esamina i titoli di acquisto succedutisi nel tempo e dichiara che sotto il profilo formale il terreno era di proprietà dei rivendicanti.
Interessante al proposito un obiter dictum circa la perizia del CTU, secondo il quale “Si osserva che nel corso del giudizio, sulla identificazione dei beni, è stata espletata anche una CTU, le cui conclusioni non possono essere considerate dirimenti ai fini della decisione poiché l’indagine svolta dall’ausiliario, seppure questo sia arrivato alle stesse conclusioni a cui è pervenuto questo giudicante, si è estesa a documenti e fatti non agli atti del giudizio e quindi non utilizzabili.” Con ciò disponendo un principio interessante ovvero che le indagini del CTU dovrebbero svolgersi solo su documenti e fatti agli atti del giudizio e non estranei ad esso. Principio interessante ma anche prendere con cautela, visto che la perizia del CTU, dovendo fare riferimento necessariamente anche allo stato di fatto esistente ed a ricerche anche di archivio, potrebbe in effetti utilizzare documenti non agli atti, ma non per questo rendere nulla la perizia. 
Secondariamente, dopo aver accertato il profilo formale della successione di titoli di acquisto, verifica il fondamento dell'eccezione riconvenzionale spiegata dalla società e dal venditore sulla sopravvenuta usucapione del terreno a favore del venditore (e di conseguenza in favore della società che da egli aveva acquistato), ma giunge a stabilire che neanche la usucapione si può dire compiuta anche disattendendo gran parte delle testimonianze escusse.
In merito all’invocato possesso utile ai fini dell’usucapione del bene, deve evidenziarsi che è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo e non interrotto che dimostri inequivocabilmente l’intenzione di esercitare il potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “jus in re aliena” e, quindi, di una signoria sulla cosa che permanga per tutto il tempo indispensabile per usucapire, senza interruzione, sia per quanto riguarda l’“animus” che il “corpus”, e che non sia dovuta a mera tolleranza, la quale è da ravviarsi tutte le volte che il godimento della cosa, lungi dal rivelare l’intenzione del soggetto di svolgere un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, tragga origine da spirito di condiscendenza o da ragioni di amicizia o di buon vicinato.
Presupposti oggettivi e soggettivi dell’istituto di cui all’art. 1158 c.c. sono quindi da un lato il possesso pacifico, continuato per venti anni, e dall’altro il cd. animus rem sibi habendi, ovvero l’intento da parte del soggetto attivo di detenere la cosa quale proprietario o in virtù di altro diritto reale.
La verifica in ordine all’idoneità del possesso a determinare il compiersi dell'usucapione deve essere effettuata dal giudice non in astratto, ma con riferimento alla specifica destinazione economica e alle utilità che, secondo un criterio di normalità, il bene è capace di procurare.
Dunque, gli elementi costitutivi dell’usucapione come la continuità (per la quale il possesso deve essere esercitato senza soluzione di continuità, cioè conservato per il tempo stabilito dalla legge attraverso l’uso costante dei poteri sulla cosa; situazione nella quale il possessore conserva la possibilità di esperire quando lo voglia atti di signoria); il modo pacifico e la pubblicità (per cui il possesso deve essere esercitato in modo visibile e non occulto, tale da rivelare esteriormente l’animus possidendi); la non equivocità (per la quale il possesso deve essere esercitato in modo né dubbio né incerto nell’attività corrispondente all’esercizio della proprietà) devono tutti sussistere ai fini dell’acquisto a titolo originario della proprietà e di ciascuno di essi deve essere fornita compiuta prova per il fine medesimo ai sensi dell’art. 2697 c.c.
Orbene, la prova orale esperita svolta con medesimi capitoli di prova per entrambi i procedimenti non ha fornito alcun elemento certo, rigoroso ed utile in ordine alla circostanza che il terzo chiamato prima e i convenuti dopo abbiano direttamente e personalmente e/o anche per interposta persona, esercitato sugli immobili dei Ricci e su quello dei Napoli come identificati in atti - in via esclusiva e continuativa - un potere di fatto sulla cosa corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà e tale da accertarsi, anche solo in via d’eccezione, l’avverarsi degli effetti propri dell’usucapione ex art. 1158 c.c., avendo i testimoni escussi confermato circostanze estremamente generiche ed inidonee a dimostrare l’effettivo possesso del bene.
Solo per ultimo, accertato quindi che il terreno è dei rivendicanti, esamina l'aspetto della garanzia per evizione, ed ai sensi dell'art. 1480 c.c. risolve il contratto ordinando al venditore di restituire alla società acquirente la somma sostenuta per l'acquisto del terreno. 
Da segnalare la assoluta pochezza delle spese legali liquidate, di soli € 2.738 in favore delle parti non soccombenti, dopo quattordici anni di processo, e una serie infinita di udienze, peraltro nemmeno corrispondente al valore della causa che certamente  con riguardo alla garanzia per evizione aveva un valore di 184.000,00.