Sentenze

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Sentenza del 13/04/2022 - dott. Siracusano - Trib. di Bologna - Contratto preliminare condizionato

In un contratto preliminare (ad effetti obbligatori) di acquisto di terreni era stata apposta una clausola sospensiva senza che fosse stato inserito un termine per l’avveramento della clausola stessa. A distanza di quindici anni dalla stipulazione del contratto veniva chiesta quindi la restituzione della caparra. Il contratto è efficace anche oltre i dieci anni della prescrizione ordinaria?

22 giugno 2022

In questa sentenza il giudice Paolo Siracusano del Tribunale di Bologna era stato chiamato a dirimere la vertenza sorta tra due parti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare (relativo a terreni) che subordinava la definitiva compravendita alla condizione che quel terreno fosse inserito in un ambito urbanistico con determinate caratteristiche. Non veniva però indicato un termine entro il quale avrebbe dovuto avverarsi la condizione. In sede di conclusione del contratto veniva altresì corrisposta una somma di € 150.000,00 a titolo di caparra confirmatoria per il futuro acquisto (condizionato) del terreno.

A distanza di quindici anni dalla sottoscrizione del contratto la condizione però non si era ancora avverata e tra le parti si apriva la controversia su come considerare detto contratto, soprattutto con riferimento alla restituzione della caparra confirmatoria.

Per la parte attrice, il contratto preliminare del 19 marzo 2007 era sottoposto a condizione sospensiva plurima (anche se la clausola è stata erroneamente qualificata come “clausola risolutiva”), dal momento che l’effetto traslativo era condizionato all’evento futuro ed incerto, in mancanza del quale il contratto non avrebbe prodotto alcun effetto. 

Tuttavia, non era indicata la data entro la quale doveva avverarsi la condizione.

La mancata indicazione del termine di avveramento della condizione sospensiva ha portato a varie interpretazioni giurisprudenziali: “il contratto può essere dichiarato giudizialmente inefficace per mancato avveramento se il giudice reputi che sia trascorso un lasso di tempo ragionevolmente sufficiente entro il quale l'evento avrebbe potuto verificarsi” (come indicato in Cass. 8493/1998; Cass. 11195/1994; Cass. 13519/1991; Cass. 5314/1984).

In particolare, è chiarissima una recente sentenza del Tribunale di Arezzo del 20/12/2018 nella causa n. 3677/2017 la quale precisa quanto segue: “Il contratto sospensivamente condizionato non produce effetti sin quando non si sia avverata la condizione e, dopo che essa sia divenuta impossibile, perde qualsiasi efficacia, senza necessità non solo di un'azione di risoluzione, come pretende la tesi convenuta, ma neppure di particolari atti ricognitivi. L'essenza della condizione sospensiva è quella, appunto, di impedire il dispiegarsi degli effetti tipici del contratto sin quando la condizione non si sia avverata; con l'ovvia conseguenza che, dopo il venir meno della possibilità di avveramento, viene meno ogni possibilità che il negozio acquisti mai efficacia. Un contratto con condizione sospensiva che non si avveri, insomma, è un contratto che non può mai produrre effetti: né in pendenza della condizione, per l'effetto sospensivo di essa; né dopo il mancamento, per la certezza che l'avveramento è divenuto impossibile. 

Si consideri che, come da sempre insegna autorevole dottrina, nonché la S.C. (Cass. sez. 1^ civ. 11.7.1981 n. 4507 rv 415217), "L'azione diretta alla declaratoria di inefficacia di un contratto sottoposto a condizione sospensiva non verificatasi, in quanto domanda di accertamento dell'inefficacia definitiva di un negozio originariamente inefficace, è imprescrittibile, poiché il nulla giuridico può essere sempre fatto dichiarare da chi vi ha interesse ed un contratto siffatto è inidoneo (salvo eventuali effetti preliminari) a modificare la situazione giuridica preesistente.". Questo principio ribalta l'impostazione proposta dalla difesa convenuta, nel senso che non solo non è corretto postulare la necessità di una specifica domanda di risoluzione del contratto sospensivamente condizionato affinché esso sia espunto dal mondo giuridico; ma, al contrario, non si prescriverà mai il diritto di chi abbia interesse a far dichiarare definitivamente inefficace un contratto sospensivamente condizionato dopo il mancamento della condizione”.

Posto che nel nostro caso la condizione era chiaramente sospensiva, visto che nessun effetto si voleva dare al contratto se non in caso di avveramento della condizione, gli effetti del contratto qui all’esame dovevano essere considerati come obbligatori (e non reali) e quindi, in presenza di condizione sospensiva, gli effetti obbligatori devono essere connessi naturalmente al termine prescrizionale ordinario decennale degli effetti del contratto.

Ne conseguiva che la mancata indicazione dei termini di avveramento della condizione in un contratto sottoposto a condizione sospensiva con effetti obbligatori, doveva necessariamente avere come punto di orizzonte massimo il termine di efficacia del contratto stesso, ovvero dieci anni. Da questo discendeva che se il contratto era stato concluso in data 19 marzo 2007, dalla data del 19 marzo 2017 il contratto aveva perso ogni efficacia tra le parti con la contestuale insorgenza dell’obbligo di restituzione della caparra da parte dell’ex promissario venditore, perché solo dal momento in cui si possa definitivamente affermare che la condizione non si è avverata (che nel nostro caso coincide con il termine di prescrizione degli effetti del diritto nascente dal contratto), sorgeva il conseguente diritto della attrice a richiedere la restituzione della caparra versata.

Per parte attrice doveva essere dichiarata la inefficacia (art. 1353 c.c.) del contratto per decorso del termine massimo decennale entro il quale doveva avverarsi la condizione, a far termine dal 19 marzo 2017 in quanto il termine massimo per l'avveramento di tale condizione non è posizionabile ad infinito, ma entro l’orizzonte temporale massimo corrispondente al termine prescrizionale ordinario di efficacia dei contratti ovvero: dieci anni.

In sostanza, parte attrice sosteneva che il decorso del termine decennale doveva considerarsi il momento genetico del corrispondente diritto alla richiesta della restituzione di quanto versato dalla attrice al convenuto.

Ne conseguiva che, quanto meno dal 19 marzo 2017, era sorto il diritto della parte attrice a richiedere la restituzione della caparra versata di € 150.000,00, dal momento che il contratto, pur avendo creato un vincolo meramente obbligatorio tra le parti, non aveva mai visto l’avveramento della condizione sospensiva entro il termine prescrizionale ordinario ed aveva quindi cessato ogni effetto vincolante tra le parti quanto meno da quel termine.

Il Giudice, invece, nella motivazione della sentenza non ha tenuto in alcun conto che gli effetti derivanti dal contratto dovrebbero estinguersi ex art. 2934 c.c. con il decorso del termine previsto dalla legge (e quindi dieci anni per la prescrizione ordinaria), ma ha ritenuto di applicare un principio diverso ed ha ritenuto in particolare di poter dichiarare la inefficacia del contratto per decorso del termine adeguatamente lungo tale da poter sostenere che la condizione non si era verificata e così motivando: “essendo trascorsi quindici anni dalla stipula del contratto preliminare senza che si sia verificato l’evento dedotto in condizione, possa farsi applicazione del principio per cui ove “le parti abbiano condizionato l'efficacia o la risoluzione di un contratto al verificarsi di un evento senza indicare il termine entro il quale questo può utilmente avverarsi, può essere ottenuta la dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto stesso per il mancato avveramento della condizione sospensiva o per l'avveramento della condizione risolutiva senza che ricorra l'esigenza della previa fissazione di un termine da parte del giudice, ai sensi dell’art. 1183 c.c. quando lo stesso giudice ritenga essere trascorso un lasso di tempo congruo entro il quale l'evento previsto dalle parti si sarebbe dovuto verificare” (Cassazione, sent. n. 22811/2010). Dalla dichiarazione di definitiva inefficacia del contratto preliminare tra le parti consegue, in base al medesimo regolamento contrattuale, la restituzione della caparra versata con interessi solo dalla domanda giudiziale (posto che l’accertamento della definitiva inefficacia è avvenuto in base alla menzionata giurisprudenza di legittimità del 2010, non in base al criterio del termine decennale).”

La sentenza in esame, seppur assolutamente corretta sotto un profilo valutativo di merito circa il “lasso di tempo congruo entro il quale l’evento previsto dalle parti si sarebbe dovuto verificare” lascia però aperto un varco piuttosto problematico sulla validità ed efficacia di un contratto oltre il termine prescrizionale decennale senza che le parti abbiano fatto valere i propri diritti: come se un contratto di natura obbligatoria sottoposto a condizione sospensiva possa mantenere una sorta di efficacia ultradecennale (ed a tempo, a dir la verità, imprecisato), che però mal si concilia con il principio della certezza dei rapporti giuridici, soprattutto nel campo dei contratti ed effetto obbligatorio.