Sentenze

Sentenze

Cortili in comunione e frazionamenti a casaccio: il rogito è valido.

Sentenza di settembre 2020. Rigettata la richiesta di nullità/annullamento/inefficacia di un rogito notarile per presunta vendita di cosa altrui dato che la cosa altrui non era stata venduta.

02 ottobre 2020

Un caso apparentemente complicato che si risolve in un modo semplice.

La attrice di questa causa conveniva in giudizio una serie di persone sul presupposto errato che una certa area cortiliva di un complesso immobiliare fosse stata suddivisa tra gli altri comproprietari pretermettendo la attrice stessa. Il tutto sulla base di frazionamenti catastali effettuati da un tecnico senza autorizzazione della stessa attrice. Chiedeva quindi l'accertamento della comproprietà di tale area in capo a sè medesima previa richiesta di annullamento di due rogiti antecedenti che a suo dire avrebbero assegnato in via esclusiva a terzi un'area comune.

Il giudice ha rilevato che i due rogiti non intaccavano minimamente la comproprietà ab origine dell'area cortiliva in capo all'attrice, tanto che le divisioni e le cessioni che venivano effettuate con tali rogiti avevano ad oggetto solo beni di cui l'attrice non aveva alcuna disponibilità e quindi senza ledere alcun diritto della attrice.

Purtroppo, l'attrice, pur vedendosi riconosciuta la comproprietà sull'area cortiliva, è stata condannata a risarcire ai due notai chiamati in causa le spese legali della difesa, dovendosi ritenere che la richiesta di nullità/annullabilità/inefficacia di tali rogiti fosse assolutamente infondata, dal momento che con tali rogiti non veniva leso alcun diritto di proprietà e/o comproprietà della attrice.

Viene da svolgere una riflessione più ampia del caso in sé piuttosto semplice, dato che non si può non rilevare che la domanda di nullità/annullabilità/inefficacia rivolta contro un rogito notarile in cui si discute (al limite) della sola vendita di cosa altrui ex art. 1478 c.c. era errata sin dall'origine proprio come qualificazione giuridica della questione.

Se qualcuno infatti vuole rivendicare un proprio diritto di comproprietà pro-quota su un bene comune (il cortile comune in questo caso), di cui lamenta (erroneamente in questo caso) l'avvenuta cessione a terzi, costui dovrebbe esercitare solo le azioni per evizione parziale o totale ex art. 1483 c.c. o 1484 c.c., dal momento che un eventuale rogito che avesse avuto ad oggetto una vendita di cosa altrui non può mai essere dichiarato nullo (per il solo fatto di avere come oggetto un bene altrui) visto che esiste già una disciplina apposita per regolare proprio la vendita di cosa altrui. 

Per inciso non può nemmeno o essere annullabile o inefficace per il solo fatto che abbia venduto una cosa altrui dato che “L'illiceità della causa o dei motivi determinano nullità del contratto solo in caso di contrarietà a norme imperative o a principi dell'ordine pubblico e del buon costume, ovvero quando la stipulazione del negozio è volta ad eludere una norma imperativa” (App. Campobasso, 24-10-2013).

In assenza infatti delle prestabilite cause di nullità o di annullabilità o di efficacia di un contratto previste dalla legge, il contratto deve essere considerato valido anche se ha ad oggetto la vendita di un bene altrui. (Tribunale Mantova Sent., 30/07/2007; Tribunale Ivrea, 06/05/2010).

 

Nel nostro caso la questione era tuttavia ancora più semplice: è stato addirittura accertato che il rogito non ledeva alcun diritto altrui e quindi non eravamo nemmeno in presenza di alcuna fattispecie di vendita di cosa altrui ex art. 1478 c.c..